sabato 28 maggio 2011

"e grazie per tutto il pesce"

quando sono entrata ho visto una tavolata di soli uomini, hai smesso di parlare e ti sei alzato capendo chi ero, hai appoggiato il tovagliolo al tavolo e hai avvertito gli amici di non aspettarti. mi hai fatto male prendendomi per il braccio, hai stretto troppo. ti ho dato le chiavi e hai aperto il bagagliaio dicendo solo: la prossima volta le birre le scelgo io.

l'avevo fatto apposta: per te delle lattine scadenti e per me un vino rosso buonissimo e un calice bourgogne. l'avevo fatto apposta per sentirti dire quella cosa. mi faceva ridere.
hai regolato sedile, specchietto altro specchietto, radio canale locale e siamo partiti.
  
quando mi sono svegliata eravamo fermi ad una sbarra che si stava alzando. c'erano alberi e casette colorate con piccole verande di legno. la nostra si chiamava blu. così diceva la chiave, solo blu.

siamo entrati, hai aperto il vino e mi hai dato il bicchiere. tu hai bevuto dalla bottiglia. ce ne stavamo uno di fronte all'altro, distanti, imbranati, a tremare.  ti sei girato finalmente e te l'ho chiesto:
"fammi sentire il codice".
non dimenticherò mai quel suono. la cintura che si sgancia, la cerniera dei gins. ero dietro di te. solo dopo, solo molto dopo mi hai guardata. dio che occhi i tuoi occhi nei miei. devi aver scorto il bisogno, la mia urgenza, la passione e sofferenza e desiderio e malattia perchè mi hai presa lì come fossi cosa tua, lì in cucina sul tavolo della colazione di domani. 

pioveva  in qui giorni e ce ne stavamo chiusi dentro a guardare il mare. avevi portato libri e vestiti.  dei brutti libri e anche dei brutti vestiti. non so dove li trovassi. ma tanto ce ne stavamo in mutande. abbiamo fatto il bagno in mare, sotto la pioggia giocando come bambini. ci guardavamo per ore, leggevamo, ci scambiavamo i libri, le idee. parlavamo tanto di tutto e facevamo l'amore.

alla fine le birre non erano male.

ti ho detto un giorno: quando vai via non farmi troppo male. ti sei girato.

il giorno dopo era tutto in ordine. il tavolo preparato con una colazione faraonica, una rosa, un biglietto sul comodino. 
 il biglietto diceva: "e grazie per tutto il pesce". ho lasciato tutto così e me ne sono andata. la sbarra era aperta.

abbiamo vissuto come se non fosse mai successo, come se quei due  non fossimo stati noi e forse non eravamo noi davvero. ma un giorno in mezzo alle parole mi hai detto questo è il mio numero. non farlo mai, che se lo fai entro sera sarò da te.

sono passati 20 anni. questa mattina ho sentito una fitta, proprio qui. ho preso il telefono e ho fatto il tuo numero. ora è buio, se non verrai
morirò

su questa

altalena

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