lunedì 10 gennaio 2011

sbranarsi

c'era parecchia gente, ma mi hai vista tra gli altri.
ti sei avvicinato e:
"se aspetti ti offro un caffè".
 
offerta irrinunciabile.
 
eri bello come vent'anni fa, forse di più.
 
pioveva. avevo una gonna corta, non cortissima, scozzese, avio, marrone , grigio. righetta gialla.
 
quando hai finito ci siamo avviati sottobraccio. la pioggia ci costringeva a stare così, stretti come vecchi amici. parlavamo, ridevamo, sembrava non avessimo fatto altro per tutta la vita. all'ingresso hai posato il mio ombrello  e ci siamo seduti.
 
"sono calze quelle che ho visto?"
"si"
"autoreggenti?"
"no, calze con reggicalze di pizzo nero"
"come le mutandine?"
"mmhh no, niente mutandine"
"non ci credo"
"credici"
"fammi sentire"
ho aperto le gambe. hai avvicinato la sedia con la mano sinistra e con la stessa mano sei andato diritto al punto.
avrei voluto chiudere le gambe per istinto.
avresti voluto chiudere gli occhi per istinto.
e invece ... abbimo resistito, occhi negli occhi con il calore della tua mano sulla mia figa e neanche il pelo a proteggermi.
lontano il rumore del bar.
"tu mi vuoi"
silenzio
"dimmi che mi vuoi"
silenzio
"vuoi che ti scopi? tu vuoi che ti scopi?"
è arrivato il caffè con la cameriera, tacchi alti e tette grosse.
hai tolto la mano e appoggiato gli occhi al tavolino. sapevamo tutto, capivamo tutto ma fecevamo finta di no, come sempre.
"bevi anche il mio caffè"
me ne sono andata.
 
fuori. ancora, di nuovo pioggia sul viso o lacrime e un altro ombrello da comprare.
 
ho camminato.
qui non piove, aspetto l'autobus.
arrivi tu.
ti metti al mio  fianco, ti guardo. pioggia o lacrime anche per te.
ti prendo la mano e tu lasci fare.
"dove andiamo?"
"a comprare le mutande".
 
 
questo è quanto.
 

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